Bambina di 10 anni tenta di completare una pericolosa challenge su Tiktok e muore per un soffocamento autoindotto.
Ragazzina di 11 anni viene abusata sessualmente nei bagni di un centro commerciale da un 16enne conosciuto su Instagram.
Giovane tredicenne viene salvato dalla Polizia appena prima del suicidio dovuto a una “sfida” social su WhatsApp.
Queste notizie sono solo le ultime di una lunga serie di reati commessi in rete che portano a effetti devastanti nella vita “reale”: le possibilità offerte dai social network sono tanto ampie, quanto le pericolose situazioni in cui i minori possono incorrere.
Come riporta l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, i social hanno creato un ambiente ibrido, dove si cerca di “demolire” la separazione tra luoghi digitali e fisici.
In questo spazio si inseriscono anche condotte illecite, spesso messe in rete da giovani e meno giovani, favorite da una maggiore sensazione di sicurezza legata all’anonimità (apparente) e dall’assenza di un rapporto empatico con la vittima.
La lista di tali condotte, che vengono erroneamente classificate come “ragazzate”, contiene una pluralità di fattispecie penali tra cui si ricordano atti persecutori (612bis c.p.), ingiuria (art. 594 c.p.), diffamazione (art. 595 c.p.), minaccia (art. 612 c.p.), adescamento online di minore di 15 anni (art. 609 undecies c.p.), pedopornografia (art. 600 ter e quater c.p.), diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (Revenge porn, 612ter c.p.), istigazione al suicidio (art. 580 c.p.), ma anche ulteriori disposizioni le cui violazioni possono comportare danni gravi alla sfera bio-psico-sociale della vittima.
Il controllo dei propri figli e del corretto utilizzo che fanno dei social network risulta indispensabile in tema di protezione e tutela dei minori, soprattutto per le età inferiori ai 13 anni.
L’art. 8 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, in particolare all’art. 8.1, introduce la regola generale per cui il cd. “consenso digitale”, applicato alla fornitura di servizi online per ragazzi under 18, sarà̀ lecito solo laddove il minorenne “abbia almeno 16 anni”. Qualora, invece, l’interessato abbia un’età̀ inferiore, il trattamento viene considerato lecito soltanto se tale consenso viene autorizzato dal titolare della responsabilità̀ genitoriale.
Ciononostante, come ricorda l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, il web permette di creare profili fake, al fine di celare la propria identità ed essere presenti sui social.
Pertanto, il controllo limitato alla sola ricerca e monitoraggio del nome utente può risultare insufficiente: rivolgersi a professionisti in grado di verificare le attività del minore sul web attraverso tecniche di SOCMINT (Social Media Intelligence) può quindi essere utile per individuare i profili riconducibili al minore; comprendere quale uso viene fatto dei social network; acquisire informazioni; ricostruire e analizzare la rete social garantendo la massima tutela della privacy.
Se noti strani comportamenti su tuo figlio, affidati ai professionisti dell’investigazione per prevenire i potenziali pericoli del web.
Prima di agire, conosci.