È uscito il DECRETO-LEGGE 14 agosto 2020, n. 104 e, con esso, la prosecuzione delle misure per contrastare la crisi economica dovuta alla pandemia da Covid-19; tra gli articoli del decreto, è stato prorogato l’obbligo, per le aziende, di rimandare i licenziamenti individuali e collettivi e la prosecuzione delle procedure avviate poco prima dell’emergenza.
Sembra, quindi, che fino al 16 novembre non sia possibile licenziare nessuno, ma non è effettivamente così.
Licenziamento: in quali casi è vietato?
Già il titolo dell’articolo 14 definisce quali sono i casi in cui non è possibile avviare il licenziamento, ossia per giustificato motivo oggettivo.
La fattispecie riguarda quei casi in cui le ragioni del licenziamento sono inerenti alle attività aziendali: la produzione, l’organizzazione del lavoro, il funzionamento dell’azienda.
Il nuovo decreto, infatti, vuole essere uno strumento per garantire la tutela del posto di lavoro e per contrastare quelle misure che potrebbero portare ad un incremento della disoccupazione.
Quando, invece, è possibile procedere con il licenziamento?
Innanzitutto, l’articolo 14 del nuovo decreto prevede che i licenziamenti possono essere previsti per coloro che hanno usufruito integralmente delle 18 settimane di cassa integrazione o per la cessazione o il fallimento dell’impresa.
Il decreto, poi, non accenna ai licenziamenti per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa: come mai? Perché salvaguardare il posto di lavoro è un diritto costituzionale… tutelare i dipendenti disonesti è fuori dalla discussione.
Un datore di lavoro può licenziare un dipendente scorretto anche durante un’emergenza epidemiologica.
Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo e il licenziamento per giusta causa
Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo avviane quando il dipendente non adempie agli obblighi contrattuali; questo caso rappresenta una giustificazione meno forte della giusta causa e il licenziamento avviene dopo il periodo di preavviso.
Il licenziamento per giusta causa, invece, può essere comminato se il dipendente compie azioni estremamente gravi, tali da ledere la fiducia del datore di lavoro e i rapporti professionali. In questo caso il licenziamento è immediato. Le principali fattispecie riguardano casi di furto, concorrenza sleale, finta malattia, abuso dei permessi retribuiti.
Per comminare un licenziamento per giusta causa è essenziale, oltre che onere del datore di lavoro, ottenere le prove della condotta scorretta, come riporta l’articolo 5 della Legge 15 luglio 1966, n. 604.
Il dipendente disonesto rappresenta un problema sia aziendale, che sociale, perché se – per esempio – un lavoratore sta abusando di permessi retribuiti o finge di essere in malattia verrà retribuito dall’INPS: si tratta di una truffa ai danni dello Stato.
Inoltre, commettere questo tipo di reato rappresenta una beffa maggiore in questo periodo di emergenza sanitaria: lo Stato deve sostenere le aziende e i lavoratori che hanno realmente necessità e non gli approfittatori.
Se pensi che il tuo dipendente stia perpetuando una condotta scorretta e lesiva nei confronti della tua azienda, affidati alla nostra esperienza e al nostro team.
Prima di agire, conosci.