La relazione prodotta dall’investigatore privato modifica l’importo del contributo al mantenimento e, nel caso di specie, obbliga l’ex coniuge al raddoppio dello stesso, in quanto l’accertamento investigativo evidenzia l’effettiva condizione economico-patrimoniale del soggetto onerato.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 21178/2018 secondo cui, in relazione alle esigenze e finalità di tutela della prole e con riferimento ai provvedimenti relativi al mantenimento ed affidamento dei figli, è ammessa la deroga ai principi generali sull’onere della prova ed il giudice, oltre che disporre indagini da parte della polizia tributaria, può assumere mezzi di prova disposti d’ufficio o dedotti dalle parti.

In particolare la Suprema Corte viene chiamata ed esprimersi su un caso di separazione e affidamento di figli minori: il Tribunale, in prima istanza, aveva pronunciato la separazione affidando entrambi i figli alla madre, e prevedendo, a carico dell’ex marito, un assegno di mantenimento pari a € 350.00.

In appello la sentenza era stata riformata, concludendosi con l’affidamento condiviso della prole ad entrambi i genitori ed il ricollocamento del figlio maggiore presso la madre; la Corte stabiliva altresì la modifica dell’importo del contributo dovuto dall’ex-marito nella misura di € 700.00.

Nel rivalutare l’importo dell’assegno dovuto i giudici hanno riconosciuto valore indiziario ad una relazione investigativa prodotta dalla difesa della donna, secondo cui l’ex coniuge guadagnava di più rispetto a quanto dichiarasse; il dossier prodotto evidenziava la proprietà di immobili e di un’auto potente, indice di capacità patrimoniale, oltre a redditi dedotti dall’impresa di famiglia.

Il marito ricorreva in Cassazione ritenendo tardiva l’acquisizione della relazione investigativa, avvenuta in sede di precisazione delle conclusioni, e lamentando la violazione delle norme procedurali di cui agli artt. 345 terzo comma e 356 del cod. proc. Civ.

Gli Ermellini hanno ritenuto il ricorso infondato, garantendo il potere attribuito ai giudici, in qualsiasi grado di giudizio, di adottare tutti i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli interessi morali e patrimoniali dei figli, e di assumere mezzi di prova prodotti dalle parti qualora dagli stessi si desuma l’attendibilità del dato.