E’ legittimo il licenziamento nei confronti del lavoratore il quale, tornato nel paese d’origine per assistere il padre malato, al rientro in Italia, dopo la contestazione dell’ingiustificata assenza non ha comprovato l’attività assistenziale.
Lo stabilisce la Corte di Cassazione con sentenza n. 26647 del 22 Ottobre 2018, ritenendo lecita e giustificata l’interruzione del rapporto lavorativo nei confronti del dipendente che, a seguito delle ricusazioni presentate dall’azienda, non provi la mancata autosufficienza del parente né l’assenza di altre persone in grado di fornire assistenza.
Nel caso di specie il lavoratore, recatosi in Pakistan dietro regolare preavviso all’azienda per prestare assistenza al padre, era tenuto, da contratto collettivo applicato, ad indicare i giorni di assenza ed a presentare, entro 5 giorni dalla ripresa dell’attività lavorativa, idonea documentazione medica attestante la grave infermità del parente.
Di fatto, trascorsi i primi 3 giorni di assenza retribuiti da contratto, il dipendente non aveva ripreso l’attività lavorativa e non aveva inviato alcuna documentazione, limitandosi a comunicare telefonicamente di non sapere quando sarebbe potuto rientrare. Al dipendente veniva contestata l’assenza ingiustificata prolungata per oltre 4 giorni consecutivi, per un totale di 42 giorni, e la mancanza di pertinenti giustificazioni.
Il giudice del lavoro di Brescia accoglieva il ricorso del lavoratore, condannando la società al reintegro del dipendente, al pagamento di un’indennità pari a 8 mensilità e al versamento dei contributi previdenziali; successivamente la Corte d’Appello accoglieva il reclamo proposto dal datore di lavoro, rigettando ogni domanda proposta dal lavoratore.
Il dipendente presentava quindi ricorso in Cassazione, lamentando l’errata individuazione dei criteri in base ai quali l’assenza potesse ritenersi ingiustificata e della decorrenza del termine per l’irrogazione di una sanzione disciplinare.
La Suprema Corte rigetta il ricorso, valutando ingiustificata l’assenza del ricorrente non avendo lo stesso documentato il suo impedimento riferito al periodo successivo alle dimissioni ospedaliere del congiunto; i giudici non hanno infatti ritenuto che lo stato di salute del padre fosse particolarmente grave in quanto, a seguito delle contestazioni presentate dall’azienda, il dipendente non aveva presentato elementi da cui desumere che le condizioni di salute e di vita del padre fossero tali da rendere indispensabile la permanenza in Pakistan per un tempo così lungo.
Prima di agire, conosci.